Olimpiadi: dall’antica Grecia palestra di vita, prima che vetrina di competizioni e passerella di campioni. E c’è qualcosa che insegnano alle nostre vite anche queste vuote Olimpiadi di Tokyo, vuote di pubblico, ma piene di valore nella storia della prima medaglia d’oro azzurra.
Straordinaria l’intervista rilasciata da Vito Dell’Aquila, classe 2000 e sul primo gradino del podio di Taekwondo: un connubio tra piedi per terra, sogno e sacrificio. Pensa non tanto alla medaglia, alla vittoria, alla gloria, le sue parole vanno subito al percorso che l’ha portato lì: da quando ha 8 anni pratica questo sport e, fin dai primi risultati importanti, ci si è dedicato con tutto se stesso, ha viaggiato, si è allenato, è stato lontano da casa e non ha mangiato ciò che avrebbe desiderato perché il suo corpo potesse esprimersi al meglio.
12 anni così, 12 anni su 20 di vita, immaginate un ragazzo delle medie rinunciare agli hamburger con le salse alle feste dei compagni perché in tasca aveva un lontano – e per certi versi impossibile – sogno a cinque cerchi.
Cosa ci insegnano queste Olimpiadi, cosa ci insegnano le parole di Vito? Che i risultati arrivano, possono arrivare, anche risultati importanti – il posto che inseguiamo da anni, la promozione che aspettavamo – ma ciò accade quando il talento si fortifica giorno dopo giorno con fatica e determinazione. Sul lavoro ciò vuol dire non stare mai fermi, non dare per scontato di essere perfetti per la posizione che si occupa o si vorrebbe occupare perché il mondo si muove veloce.
Non presumere che la laurea o il master bastino, che la lingua imparata anni fa sia ancora lì fresca… Si chiama confronto continuo con il mercato, si chiama lifelong learning, si chiama anche soddisfazione.
E al giornalista che lo incalza Dell’Aquila spiega che questo è solo il primo passo, ma come il primo passo? Cosa c’è oltre l’oro olimpico? Ecco l’insegnamento dei campioni per la nostra carriera: tenere alta l’asticella, che il risultato arriva.