Quando comodità fa rima con insoddisfazione

comodità

/di Roberta Cassina

Un posto di lavoro. Un posto, uno spazio. È una poltrona occupata che, pian piano, assume la nostra forma. Come una scarpa che si aggiusta sulla lunghezza precisa del piede, sulla larghezza esatta della pianta: diventa sempre più comoda, per dirla con un solo aggettivo. Il punto è che, quando una calzatura si adatta perfettamente, nel frattempo si è fatta anche un po’ sdrucita e smunta.

Così è il posto di lavoro. Dopo diversi anni è rassicurante: si entra ogni mattina in una struttura dove si conosce tutto, i colleghi (ognuno con il suo carattere), le procedure (scritte e non), le mansioni… Tuttavia, col trascorrere del tempo, anche la motivazione può “accomodarsi”. È normale. Ma quando ciò accade parallelamente si affievoliscono gli stimoli a imparare, a migliorare, ad alzare l’asticella dei propri obiettivi professionali. Insomma, per tornare alla metafora della poltrona, ci si siede.

Può andar bene così; in fondo molti professionisti hanno trascorso tutta la vita nello stesso posto di lavoro, ad occuparsi delle medesime cose.

Ma il mondo è cambiato. La concorrenza è molto più vasta, dai nativi digitali ai robot, a chi proviene da altri Paesi e conosce diverse lingue e culture.

Non ci si può fermare, se si vuole continuare a essere portatori di valore. Bisogna affrontare il rischio e uscire dalla zona di comfort. Tornare all’adrenalina dei primi giorni di lavoro, dove tutto era da imparare e da scoprire.

Magari si potrebbe portare l’esperienza manageriale acquisita in una realtà diversa, rimettendosi completamente in gioco.

Anche perché quando uno è fermo, statico, raramente è soddisfatto. E considerato il tempo che si dedica al lavoro, sentirsi appagati di quel che si fa è importante. Almeno bisogna provarci, per un minimo di dedizione a sé.

E se non ci sono le condizioni nel posto dove siamo, è giunto il tempo di cambiare.

È una sfida che parte dal rimettere a punto gli strumenti con i quali far sapere al mercato che siamo disponibili e interessati ad allargare gli orizzonti. È un lavoro nel lavoro. Soprattutto per chi da anni non fa i conti con recruiter, job board e quant’altro. Prima di tutto bisogna mettere a fuoco dove siamo arrivati e dove vogliamo andare; poi capire a chi comunicarlo e con quali mezzi.

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